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VII.
Tiranni e vittime
Mamma Beatrice accompagnò la figliuola fino a casa e, ricordandosi di avere qualche spesuccia a fare, la lasciò promettendo di tornare più tardi a salutarla.
Arabella rimontò adagio le scale, provando ad ogni gradino la fatica e la pena di chi sente crescere a poco a poco un peso, che altri vada lentamente caricando sulle spalle. Non incontrò nessuno, o non vide nessuno.
Spinto l’uscio, entrò in casa, che ritrovò piena di sole e di allegria. Era la sua casa o la sua prigione? non distingueva più; nè aveva più bisogno di distinguere. La sua vita non aveva che un significato: — Espiazione!
Attraversò il salotto e si rifugiò nella camera da letto.
Nel rivedere il letto liscio e composto, una idea più chiara e più mobile delle altre venne avanti, ma ella non vi si fermò. In quel letto due mesi prima avrebbe potuto morire.
Si tolse il mantello e il berretto e si guardò nello specchio grande. Com’era pallida! i capelli parevano