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madre superiore; ma l’Ospedale dipende ancora da lei. Dopo l’arcivescovo è la prima autorità ecclesiastica della città; la chiaman la papessa. Ma tu non hai voglia di ridere, povero cuore. Ebbene che possiamo fare per te?

— Quelle buone monache non hanno in Genova una casa di rifugio?

— Hanno infatti un rifugio per i vecchi e per le miserie che nessuno riceve.

— Dunque troverò anch’io un rifugio.

— Che pensi, che cosa dici? va via, andiamo... — esclamò in tono di rimprovero Maria Arundelli, stringendosi al petto il suo marmocchio.

— Maria, se anche tu mi abbandoni...

— Io non ti abbandono, ma tu adesso sei alterata dal dolore e parli a sproposito. Ti aiuterò certamente, ma non mi pare il caso di avvilirsi a questo modo e di disperare della Provvidenza.

— Non nominare la Provvidenza. Sapessi, Maria, quante volte fui sul punto di negare questa Provvidenza che ci hanno insegnato a invocare nelle nostre necessità. Che cosa ha fatto Dio per me dal giorno che sono venuta al mondo? quando ho avuto un giorno di gioia serena e intera? Da bambina ho sofferto spaventi e strazi di cuore, che mi spaventano ancora e mi fanno trasalire la notte quando mi addormento male. Tu la sai la mia storia. Ho fin patito la fame... Ho chiesto a Dio di poter abbandonare il mondo, e mi hanno risposto che il dovere era di restarci. Ebbene, che cosa ho guadagnato dal mio sacrificar tutto, vocazione, simpatie e fin la mia creatura? e chi ha guadagnato almeno per conto mio? nessuno. Io non ho cambiato nulla, non ho

E. De Marchi - Arabella. 22