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tare un pericoloso ricatto. Ma il guaio più grosso lo aspettava a casa. Chi avrebbe potuto immaginare che Arabella... Era proprio lei? chi le aveva dato questo coraggio? chi l’aveva così bene informata? dov’era venuta a nascondersi per uscire improvvisamente, come una donna qualunque, a menar le mani? Arabella? La madonnina infilzata, la monachella di Cremenno, che spia, sorprende, schiaffeggia una Olimpia, gli pareva un caso così poco naturale, così contrario all’indole di sua moglie che, strada facendo, andò a supporre in questa faccenda lo zampino di qualche interessato.
«Di chi? — si domandava, arrestandosi tratto tratto sulla soglia delle porte al coperto dell’acquazzone, che cominciava a battere il selciato. E proseguendo rasente i muri, seguitava ruminando: — Non c’è che lui che ha l’interesse di mettermi in cattiva vista d’Arabella: non c’è che lui che sa queste mie relazioni e che da un pezzo mira a romperla con me. È lui che istiga mia moglie, che mi mette in cattiva parte. Ora avrà gusto di vedermi nelle peste. È lui che vuole lo scandalo. Si parlerà di una separazione e ciò lo libererà dall’obbligo di mantenermi e di pagare i miei debiti. Non mi darà più un soldo, contentone di sostenere le parti di mia moglie contro di me. Io dovrei mostrarmi più forte in questa faccenda, più geloso de’ miei diritti... Non devo accettare una separazione, ma posso promettere a mia moglie dei nuovi patti. Voglio la mia indipendenza: il marito sono io, e in casa mia voglio aver il diritto di comandar io.»
In questi strani e rotti pensieri, tra cui non osava formolarsi interamente la languida e posticcia ge-