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III.


Un’altra battaglia


Un fruscìo di vesti annunciò la comparsa della bella Olimpia, che avvolta in una candida sciarpa di seta, che le faceva come un cappuccio, si fermò sull’ultimo scalino ad allacciare i bottoni dei lunghissimi guanti di Svezia. Battendo i piedi per la stizza, cantarellò a mezza voce:

— Che stupidi tutti e due!

Arabella fece un passo avanti. Stando sempre dietro la torbida impannata di vetro, ebbe la comodità di contemplare la famosa cantante in tutto lo splendore della sua viva e scenica bellezza.

Era veramente una bella creatura, una bella femmina. La guardò con occhio freddo, quasi come si guarda una straniera, cercando nelle esagerazioni dell’orgoglio tutte le ragioni che potevano sottrarla a dei paragoni umilianti.

La cantante aveva occhi grandi, resi più profondi da qualche breve pennellatura. Il viso aveva tondo d’una bianchezza molle, delicata, incipriata. La sua persona larga e maestosa pareva sfidare nella tranquillità delle mosse e nella sicura imperturbabilità