II.


Arabella rompe la sua catena.


Dopo il vivo colloquio con suo suocero, Arabella si trovò nel fitto d’una battaglia, prima ancora che avesse risoluto di gettarvisi. Già quella stessa notte i gridi dell’Angiolina sotto la finestra, risuonando nel silenzio dell’ora, ebbero la forza di farla trasalire di spavento, come se ridestassero nelle sue viscere il terrore dell’altra volta. Anche dopo molti giorni, anche a dispetto della ragione, i suoi nervi non ragionavano più su questa impressione. Il grido d’un rivenditore, uno strepito improvviso, lo sbattere improvviso d’una porta, il cadere d’una sedia bastavano a farle battere i polsi del capo, e a riempirle il cuore d’un subito spavento; impallidiva, sudava freddo, afferravasi all’Augusta, tremando come una colomba scossa dal rimbombo d’un fucile...

La mattina seguente, quando preparavasi a uscire coll’intenzione di parlare a don Felice in favore del povero Berretta, s’incontrò sulle scale nella Colomba, più morta che viva, che veniva a implorare misericordia. L’avevano arrestato e menato via quel povero uomo come un cane rabbioso. Avevano disonorata una famiglia, maltrattato, quasi ammazzato un giovine onesto. Ferruccio, ferito da un tremendo colpo