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mata la carta. La vigilia dell’Epifania, dopo un’agonia in cui la morte ebbe a sudare tre camicie, la buona cristiana in compagnia dei tre Re Magi andò a trovare il suo Ratta in paradiso, se pur ci vanno in paradiso gli appaltatori.
Il Berretta tornò con un fascetto di legna, s’inginocchiò davanti al caminetto, e cominciò a soffiare nel fuoco, gonfiando le ganasce. Presto la fiamma si risvegliò, riempì il camino e ravvivò la stanza.
— C’è stato nessuno?
— Nessuno.
— Che cosa voleva Aquilino?
— Che Aquilino?
— Il vice-ricevitore del lotto. L’ho visto sulla porta verso le cinque.
— Voleva vedere la morta.
— E tu, asino, l’hai lasciato passare?
— Niente passare. Ho detto che non avevo le chiavi.
— Però c’è stato don Giosuè.
— Quest’oggi non l’ho visto.
Il signor Tognino, carezzando coll’ugna del pollice l’orlo dei baffi (era un suo movimento naturale nei momenti di riflessione) lasciò cadere lo sguardo sul portinaio, che gli stava davanti inginocchiato nella luce viva della fiamma. Era un occhio abituato a pesare gli uomini, che non sbagliava quasi mai, come non sbaglia l’occhio d’un vecchio mediatore nel calcolare il peso di un fascio di legna.
— E l’avvocato Baruffa non è venuto?