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così spesso conculcato, e alzò la testa con un moto leonino. Un fitto bisbiglio l’applaudì. Ripreso il discorso, alzò le due mani e avviò un’altra argomentazione, dicendo con voce più chiara:

— Ora voi direte: se il prezioso documento, se quello che dovrebbe essere per noi il testamento d’oro è scomparso, e non ci resta che battere il capo sul testamento di ferro, su che cosa andiamo noi a fabbricare le nostre speranze? — rispondo: sulle prove indirette, cioè: — Primo: noi sappiamo che intenzione della defunta non fu mai di negare ai parenti anche più poveri il beneficio della sua eredità... (e di ciò molti di voi saranno chiamati a testimoniare).

— C’è la Santina, c’è Aquilino... — saltò su di nuovo l’Angiolina.

— Abbiate pazienza, buona donna. Ora parlo io, poi sentiremo anche voi.

— Dopo, sor avvocato sentirà la messa cantata.

Una grossa ilarità salutò queste parole. L’avvocato, che era rimasto attaccato con un dito al pollice dell’altra mano, portò il dito sull’indice e contò:

— Secondo! La pietà della buona defunta non poteva suggerirle di defraudare della sua carità le istituzioni di beneficenza. E infatti nel testamento del 1878 è fatta gran parte a queste istituzioni. Come si spiega il cambiamento nel testamento Baltresca? Aveva la pia signora perduta ogni fede nella religione e nella carità? — Terza prova indiretta (e alzò il medio): La confessione del portinaio Pietro Berretta, il quale ha dichiarato come veramente, la notte dopo la morte, il signor Tognino Maccagno, presente cadavere, entrasse a cercare una carta nella stanza della defunta.