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Tognino — osservò don Giosuè con una certa furia, mettendo le sue mani giallognole sopra il magro stomaco del vecchietto, che sorrideva con indulgenza. — Sono idee buone per una predica, caro voi. Non vi dà l’ombra di un soldo sto malandrino, se cominciate a parlare di conciliazione e di transazione.

— Colla rendita di un anno può contentare una parte...

— Ci manderà tanta corda per impiccarci. Transazione vorrebbe dire riconoscere in qualche maniera i nostri diritti, e Tognino è birbone, ma non bestia.

— A questo mondo bisogna guardarsi anche dal guadagnar troppo... — osservò evangelicamente il prevosto; ma don Giosuè, infuriandosi, cercò dimostrare che gli asini non piaciono nemmeno al Signore.

— Eppure è a cavallo d’un asino che ha voluto trionfare in Gerusalemme — notò l’altro, celiando con bonomia.

— Per questo l’hanno messo in croce.

Sospinti dal battente dell’uscio, i due preti dovettero cedere il posto e lasciar passare la elegante e venusta Sidonia Borrola, che entrò a braccetto del cav. Massimiliano Maccagno, capitano d’artiglieria, venuto apposta a Milano dal suo distretto d’Alessandria per assistere all’adunanza.

Mauro Borrola, che aveva la pancia a portare, entrò un momento dopo ansante e sudato. Visto i due preti, cominciò a gonfiare le ganascie e a brontolare il suo rosario contro i pipistrelli. Ma don Giosuè