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Questa povera cristiana malaticcia, con due occhi che parevan pieni di cenere, venne avanti avviluppata fin sopra ai capelli in uno sciallo scuro, che dava alla sua persona magra e prolissa la figura di una sanguisuga.

— È qui che l’avvocato tiene la circonferenza? Madonna della Saletta, non poteva pigliar casa un po’ più vicino? È come andare in Siberia. To’ Aquilino. Sempre puntuale come un orologio Aquilino. Bravo e coi guanti! e anche il cilindro.... Conoscete la Santina? È mezza malata e senza voce e non voleva venire! ma io l’ho condotta per forza. Ci dobbiamo essere tutti a questo quarantotto. L’avvocato mi deve sentire. Ho mangiato apposta tre acciughe stamattina per mettermi in forza di cantare, e se l’avvocato non ha gli orecchi foderati di stagno, sentirà una bella campana. Intanto Tognin Gattagno non ha osato fare dei processi all’Angiolina; e invece si vede questo, che un’Angiolina fa dei processi a Tognin Raffagno. Dove si paga? qui? pago subito...

L’ortolana si accostò al banco dove il Mornigani prese nota del nome e delle generalità. Intanto don Giosuè moveva incontro a don Felice Vittuone, che entrava in quella e lo fermò sullo stipite. Il buon vecchietto, tirato in quella bega da un sentimento di dovere e di giustizia, avrebbe voluto far trionfare delle idee di conciliazione. Una causa non giova che agli avvocati, mentre, secondo il suo discreto modo di vedere, sarebbe stato più utile cercare di ottenere una transazione amichevole, e finirla colla pace di Dio.

— Voi conoscete benissimo san Tomaso, caro don Felice, ma non conoscete affatto chi sia il nostro