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Giosuè era incaricato di raccogliere le firme, le contribuzioni e di guidare la mandra. Le monache del Buon Pastore si fecero rappresentare da don Felice Vittuone. La famiglia Borrola e tre o quattro Maccagno ricchi si dichiararono pronti a sostenere l’avvocato. Costui oltre al puntiglio suo personale e alla voglia di tormentare un intrigante che l’aveva messo pulitamente alla porta, provava un gusto, per dir così, professionale. Un processo, per quanto magro, può sempre diventare un processo lungo, e alle volte il miglior brodo è quello che si spreme dagli ossi.
— Sono il primo? — domandò Aquilino, fermandosi sulla soglia.
Il Mornigani quello stesso che chiamavano el mèzz avvocat, alzò la grossa testa dalla tavola, dove stava scrivendo, e indicando colla cannuccia una cassapanca antica rasente il muro, sotto il ritratto a stampa di Pio IX, disse:
— Sedetevi, è presto ancora.
— Ho ricevuto una lettera di convocazione per le due..
— Sono soltanto le due... Sedetevi e ditemi il vostro nome, galantuomo.
Aquilino a sentirsi trattato col voi, come un fattore di campagna, fu per rispondere all’illustrissimo signor scrivano che non gli pareva di aver succiato con lui a balia; ma preferì compatire al farsi compatire. Sedette e cominciò a carezzare col dito il pelo scarso di un cilindro sufficientemente rispettabile.
— Il mio nome è Aquilino Ratta del fu Vincenzo, impiegato al R. Lotto, Banco N. 94 — disse in un tono freddo, in cui si sentiva una certa fierezza burocratica.
— Siete parente della vecchia Ratta testè defunta?