III.


Un’anima in pena.


Era sera fatta.

Ferruccio prese la via della Guastalla, quasi deserta in quell’ora, e guidato dalla riga dei lampioni, che mettevano un filo luminoso nel buio del suo cervello sconvolto e annuvolato, venne al ponte di porta Vittoria, traversò la piazza spopolata del verziere, provando l’impressione di chi arriva per la prima volta in una città straniera, o meglio ancora di un prigioniero che ignoti nemici trascinano a una misteriosa destinazione.

Sperò di trovare il signor Tognino al caffè Martini in piazza della Scala, dove convengono la sera gli uomini d’affari a consultare gli ultimi telegrammi di borsa; e incontrò per caso il Botola, un brutto vecchio mal vestito che da qualche tempo veniva nello studio a discorrere in gran segretezza col padrone. Il pignoratario lo chiamò e cominciò a fargli un gran discorso a proposito del Mornigani e d’una villa sul lago di Como... ma Ferruccio non aveva il capo a queste cose. Lo piantò, traversò di nuovo la piazza della Scala, e per la via di Santa Margherita venne verso la via Torino.

Era il momento del maggior movimento. I cittadini, approfittando delle prime giornate di prima-