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giudicare se convenga per un eccessivo zelo del proprio diritto affrontare le conseguenze dell’odio e della vendetta, turbare le coscienze dei buoni cristiani, crearsi un fasto che riposa sui dolori altrui. Io non posso giudicare quanto vi sia di vero nelle voci che corrono, le quali accuserebbero il signor Maccagno di aver carpito quasi colla violenza un testamento che avrebbe dovuto sonare ben diverso. Solo l’occhio di Dio può scendere nell’oscurità e illuminarla. Ma posso quasi esser certo che la buona e pia allieva delle madri canossiane non vorrebbe accettare un soldo che non fosse consacrato dalle ragioni della giustizia e che nella contingenza in cui si trova, vorrà prestare l’opera e l’autorità della sua posizione di consorte e di figlia per avviare delle trattative, le quali conducano a una più giusta soluzione e ripartizione dei beni.
Posso fin d’ora comunicarle che a quest’atto di conciliazione è vivamente interessato anche S. Eminenza l’arcivescovo di Milano, quale supremo tutore di tutte le pie Case che da una siffatta eredità credono d’essere state, non che danneggiate, ingiustamente lese nei loro diritti: e l’autorità di un tal nome dev’essere per l’animo suo pio e cristiano arra di giustizia e quasi uno stimolo di più a zelare l’opera della giustizia e della conciliazione, dalla quale essa non può ritrarre che benedizioni e frutti di santa edificazione.
Tosto che la sua preziosa salute glielo permette, io riceverò di buon grado una risposta a questa mia e meglio ancora gradirò una sua visita al mio domicilio, ove potrò fornirgli quegli altri schiarimenti che sarebbe troppo lungo esprimere per lettera. In-