XIII.


Prime scaramucce


Quando uscì dalla stanza provò il senso di chi cammina al buio per anditi sconosciuti. Egli doveva fare qualche cosa per mettere Arabella al sicuro; era pronto anche a perdonare a’ suoi nemici, se il perdonare poteva condurre più presto a una pacificazione: la primavera non era lontana e il dottore prometteva che per la fine di febbraio la malata avrebbe potuto senza pericolo intraprendere un viaggio. Como non è in capo al mondo, e una volta sul lago, non si sente più di viaggiare.

Occorreva ch’egli facesse una corsa a questa villa, di cui da un poco gli parlava il Botola, posta in una bellissima posizione, in pieno mezzodì, già ammobigliata, con un giardino ombroso fino al lago; e avrebbe potuto andarci, quando Arabella cominciasse ad uscir dal letto. Egli non voleva trovare una casa in disordine, esposta al vento, a rischio di esporre sua nuora, già indebolita, a un colpo d’aria.

Scendeva le scale senza veder i gradini, ravvolto come in una nuvola in questi pensieri, quando arrivato sull’ultimo pianerottolo, s’incontrò faccia a faccia