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di difesa contro una ciurmaglia, che credeva d’impaurirlo coi gridi e cogli scandali. Se riusciva a mettere in salvo Arabella in qualche luogo sicuro (e a questo scopo stava combinando col Botola di prendere in affitto una casa sul lago di Como), se otteneva d’aver le mani libere per lo spazio di un mese, avrebbe dato ai prepotenti una lezione in piena regola, tale da levare a chicchessia il gusto di litigare con lui.
Arabella credette o finse di credere a tutto ciò che le davano a intendere. Nella sua estenuazione fisica e morale non aveva la forza di volere, nè quella di non volere, e accettava tutte le ragioni colla stessa malinconica rassegnazione con cui trangugiava i decotti e i beveroni che ordinava il dottor Taruzzi senza chiedere che roba fosse.
Che ne sapeva essa della vita, degli uomini, delle cose? Che gente era questa che essa doveva rispettare ed amare? Suo marito entrava sempre più di rado a salutarla, e pareva sulle spine quei pochi cinque minuti; ciò era triste, doloroso; ma più triste e più doloroso era il sentimento quasi di tedio, che essa provava alle sue consolazioni e alle sue pesanti carezze.
La Madonna, che la guardava dal capo del letto, non doveva permettere che il suo cuore s’intiepidisse nel bene. Richiamando tutte le voci dell’anima sua devota e fervente, cercava nella preghiera lunga e ripetuta la speranza e la forza che l’avevano sostenuta in altre tristezze, sopratutto la fede nella vita e la buona fede negli uomini, o almeno la fede della povera Angelica.