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ria, si può dire, di tutta la sua vita; sperava di averla espiata, e dopo otto anni lusingavasi quasi che la gente l’avesse dimenticata: ma la gente ha buona memoria. Vedendola passare in gran lusso, col bel cappellino, questa gente aveva voluto mortificarla. Glielo diceva in mezzo agli spauracchi del suo delirio una voce fioca, che ragionava di sotto al tumulto delle altre voci, come se la rimproverasse di non aver saputo proseguire fino alla fine l’opera d’espiazione, facendosi monaca, dando a Dio anima per anima...

Eppure era stata così contenta di sentirsi madre! nel possesso di una creatura erale sembrato di trovare la ragione e il compenso di molte tribolazioni. Una dolce pacificazione di spirito l’aveva invasa e dominata in questi due mesi. La tenerezza materna, che aveva scoperta presso il lettuccio del fratellino agonizzante, s’era risvegliata di soprassalto al dolce mistero della maternità vera, le aveva inondate le vene della gioia più pura e più completa che sia dato godere a una donna.

Parevale ora che colla sua creatura venisse a mancarle la base della vita.

All’uscire dalla febbre e dal pericolo si ritrovò come isolata, con un senso di paura e di stanchezza nell’anima, colla disperazione che prova il navigante, che da uno scoglio arido e deserto vede affondare il legno che l’ha portato e non ha davanti che un mare senza sponde.

Mamma Beatrice rimase a Milano sei o sette giorni, finchè ci fu maggior bisogno e non la richiamarono alle Cascine. Nel suo buon senso beato e rassegnato cercò di dimostrare alla figliuola che, morto un papa,