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parenti poveri, abbia voluto sobbarcarsi, dirò così, a un viaggio così lungo, lasciando a tutti in mano una... con poco rispetto parlando, mentre don Giosuè Pianelli, mazzacronico del Duomo...
— Un bel prete sporco che il sor Tognino conosce benissimo... — aggiunse Angiolina sempre con delicatezza.
— Ha le prove questo don Giosuè riverito? — chiese l’affarista, alzando il viso, e fermandolo in faccia all’Aquilino, colla penna sospesa e stretta nella mano. — Se questo vostro prete ha della carta in mano la faccia cantare. Ci son fior di tribunali in Milano, fior d’avvocati. Sapete dove sto di casa. Fatemi citare e soprattutto fuori le prove, le prove, le prove. A ciarle siamo tutti milionari. Fate una causa. Se avete bisogno di un avvocato, qui c’è la guida di Milano. Ce ne sono cinquecento a Milano di avvocati, pei quali non è mai troppo il numero dei minchioni.
— Senti, senti... — scoppiò a dire questa volta l’Angiolina, dando fuoco alla prima bomba. Ma Aquilino entrò in mezzo e col gesto d’un direttore d’orchestra che segna la battuta:
— Abbiate pazienza, — disse alla donna — lasciate prima dire una parola a me e poi parlerete voi.
— Sì, è meglio, perchè se parlo io, è la rivoluzione — soggiunse l’ortolana, correndo come se volesse andarsene. Quando fu sulla soglia, piombò sopra una sedia ch’era lì e incrociò le due braccia solide e tonde sul petto, per quanto permetteva di farlo quel che c’era sotto, e dondolando le gambe che stentavano a toccar terra, comandò al vice-ricevitore di parlare per il primo. Il Boffa, che un resto di