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libro ii. 73

     Fatto un pio sacrificio, una gran cena
     Apprestarono, e sonno in fra le tazze
     E le vittime ardenti alcun non colse.
     Poi le bionde lor chiome inghirlandati
     215Della fronda d’un lauro, a cui su ’l lido
     Del naviglio le amarre avean legate,
     Tutti concordemente in bel conserto
     Con la lira d’Orfeo cantâro un inno,
     E la placida spiaggia s’allegrava
     220Di quel concento che dicea le lodi
     Dell’eroe Terapnèo, figlio di Giove.
     Poi quando il Sol su i rugiadosi colli
     A splendere tornò dall’orizzonte,
     E i pastori svegliò, dappiè del lauro
     225Sciolte le funi, e tanta preda in nave
     Posta, quanta portarne era mestieri,
     Dirizzâr con buon vento al vorticoso
     Bosforo il corso. Ivi s’inalza il flutto
     Simile ad erto monte, e par che a’ legni
     230Fino d’in su le nubi piombi sopra,
     Nè possibil diresti a mal destino
     Scampar, così qual tempestoso nugolo
     Pende sovra il naviglio; e sì pur cala
     Giù innocuo al pian, se buon nocchiero incontra;
     235Ond’è che di timor bensì compresi,
     Ma pur salvi ei passâr, grazie all’accorta
     Arte di Tifi; e l’altro dì la nave
     Legâr nel lido alla Bilinia opposto.
Stanza su quelle spiaggie avea Fineo