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libro ii. 71

     160Dalla spada di Clizio. Allor d’un tratto
     L’ardito figlio di Licurgo, Anceo,
     Con la destra brandendo una gran scure,
     E protendendo colla manca mano
     Dell’orsa il negro vello, impetuoso1
     165Saltò in mezzo a’ Bebríci, e in un con lui
     Gli Eàcidi pur anco, e vi si spinse
     Anco il marzio Giasone. E come in giorno
     D’invernal bruma i bigi lupi entrati,
     D’ascoso a’ cani ed a’ pastori, in piena
     170Stalla d’agnelli, un gran terror lor fanno,
     E cercano guatando fra la torma
     A qual pria dar di branca; e quei s’accalcano
     Tutti insieme, e su l’un l’altro s’addossano;
     Tal gittarono i Minii alto spavento
     175Fra i Bebríci insolenti. E qual se d’api
     Grosso sciame il pastore o l’apïajo
     Col fumo assale nella cava rupe,
     Esse nell’alvear pria constipate
     Vi fan rombo e tumulto, e sbucan poi
     180Sopraffatte dal fumo, e volan lungi;2
     Così più a lungo il vigoroso assalto
     Non sostenner coloro, e via si sparsero
     Per la Bebricia ad annunciar la morte

  1. Var. ai v. 162-164. Sua gran scure brandendo, e con la manca
    Protendendo a difesa il bruno cuojo,

    Ch’ei vestiva, dell’orsa, impetuoso
  2. Var. ai v. 178-180. Pria nell’arnia stivate esse vi fanno
    Rombo e tumulto, e sbucan poi dal tetro

    Suffumigio stordite, e volan lungi;