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libro ii. 69

     È l’avversario suo, man contra mani
     Mesceva ad uopo. E come i fabri intesi
     D’una nave a fermar legno con legno,
     105Co’ pesanti martelli i chiovi acuti
     Batton, ribatton da prora e da poppa,
     E de’ colpi echeggiar l’un sovra l’altro
     S’ode il rimbombo; in pari guisa ad essi
     Di qua, di là, le guance e le mascelle
     110Crocchiavano percosse, e un gran stridìo
     S’udìa di denti; e non cessâr le offese
     Fino a che l’angosciosa ansia del petto
     Non gli ebbe domi. Allor disgiunti alquanto
     Ristettero, tergendo dalla fronte
     115Il grondante sudore, e respirando
     Con affannato affaticato anelito.
     Ma tosto poi l’un contra l’altro a zuffa
     Insursero di nuovo, a par di tauri
     Che furenti d’amor fanno battaglia
     120Per giovenca nel prato. Amico allora
     Su l’estrema de’ piè punta elevandosi,
     E allungandosi ritto a simiglianza
     D’ammazzator di buoi, giù rovesciossi
     Su Polluce col braccio ponderoso;
     125Ma questi al colpo, declinando il capo,
     Sfugge, e sol su la spalla il peso alquanto
     Del cubito riceve; e a lui più presso,
     Frammettendo il ginocchio a’ suoi ginocchi,
     Con veemente forza lo percuote
     130Sovra l’orecchio, e l’ossa entro gli spezza.