Seder fêro i compagni, e i due nel mezzo
Stetter, non di natura e non d’aspetto1 50Simiglianti fra lor. L’uno del truce
Tifeo progenie, o della Terra stessa
Parto orrendo parea, di quei che un tempo
Contro a Giove crucciata ella produsse;
E il Tindàride eroe simile all’astro 55Era del ciel che vêr l’occaso a sera
Di bellissima luce acceso splende.2
Tal di Giove quel figlio, a cui la gota
Fiorìa bensì del primo pelo, e l’occhio
Di giovanil serenità brillava; 60Ma forze e cuor, qual d’una fiera, avea.
Brandì le mani ad esperir se ancora
Agili sono, o se dal faticoso
Oprar del remo intormentite e pigre.
Non Amico ciò fece: ei se ne stava 65Taciturno in distanza, a lui guatando,
E il cuor gli si struggea di fargli il sangue
Sgorgar dal petto. Un de’ suoi servi allora,
Licoréo, pose a’ piè di ciascun d’essi
Due crudi cesti che risecchi e croi 70Eransi fatti. In arrogante modo
Amico all’altro: Ecco, dicea, di questi
Quali tu vuoi, senza gittar le sorti,