Fûr di Pelia l’esequie, Ercole uccisi1
Gli ha nell’isola Teno, e posti in tomba,
E su i tumuli lor due cippi eresse, 1670Di cui l’uno (a veder gran meraviglia)
Dondola ai soffi d’aquilon sonori.
Tanto avvenir dovea col tempo. Or Glauco
Su dall’onde frementi a’ Minii apparve,
Del divino Nerèo saggio profeta. 1675Alto levò l’ispido capo e il petto
Su fino a’ fianchi; e, con possente mano
Abbrancata la chiglia, a lor sì disse:
Perchè contra il voler del sommo Giove
Sì a cuor vi sta di pur condurre Alcide 1680D’Eeta alla città? Fato è che in Argo
Egli al tristo Euristéo compia le tutte
Dodici imposte ardue fatiche, e quando
Poi le poche restanti avrà compiute,
Salga co’ numi ad abitar. Di lui 1685Non più dunque la brama in voi s’alletti;
E Polifemo, egli è destin che presso
Alle foci del Cío fondi un’illustre
Cittade a’ Misii, e chiuda poi nel vasto
Suol de’ Cailibi i giorni. Ila, che i due 1690Fûr lasciati cercando, innamorata
Una Ninfa divina il fe’ suo sposo.
Detto così, giù in mar tuffossi, e l’onda
Vorticosa aggirandoglisi intorno
Porporeggiante spumeggiò, la cava
↑Var. al v. 1667. Fûr di Pelia l’esequie, e quegli uccisi