Disse, e in udirlo dalla fronte un largo
Sudor piovve ad Alcide, e l’atro sangue
Gli bollì ne’ precordii. A terra irato 1615Gitta l’abete, e via s’invola a corsa
Ove portanlo i piè, siccome quando
Morso dall’estro infuria il toro, e fugge
Prati e paduli, e nè il pastor più cura,
Nè più cura la mandra; ed or via corre 1620Senza posa, or s’arresta, e suso alzando
L’ampia cervice, mugola per duolo
Della morsura; egli così furente
Or continuo le celeri ginocchia
Spingea con fretta in suo cammino, or lasso 1625Soffermavasi, e lungo con gran voce
Un rimbombante gemito mettea.
Spuntò frattanto del mattin la stella
D’in su i monti più eccelsi, e spirâr l’aure.
E Tifi incontanente a rimbarcarsi 1630Lo stuolo esorta, e a bene usar del vento.
Tutti buon grado entrano in nave, e l’àncora
Su tirano dal fondo; alzan l’antenna;
Si gonfiano le vele; e già dilungansi
Lieti i Minii dal lido oltre alla punta 1635Del Posidèo. Ma poi che in ciel l’aurora
Dall’orizzonte irradïando alzossi,
E schiaransi le strade, e luccicanti
Di rugiadoso umor brillano i campi,
Allor si fûro i naviganti accorti 1640De’ mancanti compagni, e fra lor nacque