Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/86

60 argonautica.

     Disse, e in udirlo dalla fronte un largo
     Sudor piovve ad Alcide, e l’atro sangue
     Gli bollì ne’ precordii. A terra irato
     1615Gitta l’abete, e via s’invola a corsa
     Ove portanlo i piè, siccome quando
     Morso dall’estro infuria il toro, e fugge
     Prati e paduli, e nè il pastor più cura,
     Nè più cura la mandra; ed or via corre
     1620Senza posa, or s’arresta, e suso alzando
     L’ampia cervice, mugola per duolo
     Della morsura; egli così furente
     Or continuo le celeri ginocchia
     Spingea con fretta in suo cammino, or lasso
     1625Soffermavasi, e lungo con gran voce
     Un rimbombante gemito mettea.
Spuntò frattanto del mattin la stella
     D’in su i monti più eccelsi, e spirâr l’aure.
     E Tifi incontanente a rimbarcarsi
     1630Lo stuolo esorta, e a bene usar del vento.
     Tutti buon grado entrano in nave, e l’àncora
     Su tirano dal fondo; alzan l’antenna;
     Si gonfiano le vele; e già dilungansi
     Lieti i Minii dal lido oltre alla punta
     1635Del Posidèo. Ma poi che in ciel l’aurora
     Dall’orizzonte irradïando alzossi,
     E schiaransi le strade, e luccicanti
     Di rugiadoso umor brillano i campi,
     Allor si fûro i naviganti accorti
     1640De’ mancanti compagni, e fra lor nacque