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libro i. 59

     L’eroe d’Élato figlio, Polifemo,
     Che vêr là s’inoltrava a farsi incontro
     Al ritornar del magno Alcide. Ei ratto
     Corse allora alle Fonti, come fiera
     1590Che ad un lontan belar d’agnelli accorre
     Di fame ardendo; e non però del gregge
     Pasto può far, poi che il pastor l’avea
     Chiuso già nel presepe; orribilmente
     Quella, fin che n’è stanca, ulula e freme.
     1595Sì l’Elatìde alto gemeva, intorno
     Aggirandosi quivi, ed era indarno
     Il gemer suo. Si spinse allor più innanzi,
     Sguaïnato il gran brando a far difesa
     Che nè belve l’assalgano, nè solo
     1600Quivi essendo, le ree genti del loco
     L’impiglino d’agguato, e facil preda
     Ne ’l traggan seco, onde vibrando ei giva
     La nuda spada; e si scontrò per via
     Ad Ercole, che il passo invêr la nave
     1605Sollecitava. Il riconobbe in mezzo
     Pur dell’ombre; e si fece il tristo caso1
     Tosto a narrargli con lena affannata:
     Signor, t’annunzio un doloroso evento.
     Ila per acqua ito a una fonte, indietro
     1610Non tornò più. Preso i ladroni, o l’hanno
     Le belve ucciso: io ne sentii le grida.

  1. Var. ai v. 1604-1606. Ad Ercole, che il passo studiava
    Ritornando alla nave. Il riconobbe

    Pur fra l’ombre, e si fece il tristo caso