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56 argonautica.

     Porta a far foco, altri de’ prati un molle
     D’erbe e foglie volume a compor letti;
     E chi legno aggirando in cavo legno,
     1510Fuor ne trae la scintilla; e chi mescendo
     Viene il vin ne’ crateri, e preparando
     Ne va la cena, al disbarcante Apollo
     Poi che fatto ha su ’l vespro il rito sacro.1
Ma di Giove il figliuolo, a far buon pasto
     1515Eccitati i compagni, ir volle al bosco
     A ricercarvi un maneggevol tronco
     Per rifarsene un remo; e, alquanto errando,
     Un abete trovò non d’assai rami
     Carco, nè in molto vegetal vigore,
     1520Ma quale il fusto è d’alto pioppo, e tale
     Alto e grosso era quello. Immantinente
     Pose egli a terra e la faretra e l’arco
     E del leon la pelle, e con la greve
     Ferrata clava in su ’l pedale al basso
     1525Diè all’albero una scossa; indi, fidato
     In sue forze, abbrancò con ambe mani
     Volte retro quel tronco,2 il lato dorso
     V’appontò contro, e si piantò ben fermo
     Su le gambe allargate, e dal terreno,
     1530Pur giù addentro, com’era, abbarbicato,
     Lo sterpò con le stesse, in ch’era fitto,

  1. Var. al v. 1513. Poi che sul vespro un sagrificio han fatto.
  2. Così credo doversi intendere il come Ercole abbrancò l’albero, poichè siegue che vi appoggiò contro le spalle.