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libro i. 53

     Della diva de’ monti un simulacro.
     Argo il foggiò con bel lavoro, e in cima
     1425Il locâr d’un rialto in mezzo a faggi
     Che altissimi di quanti eran d’intorno
     Ergeansi; e un’ara di macerie innanzi
     Vi costrussero; e quindi incoronati
     Con le fronde di quercia il sacrificio
     1430Incominciâr, la gran Dindimia madre
     Invocando, di Frigia abitatrice,
     E in un con lei Tizia e Cilleno, i soli,
     Fra quanti son Dattili Idei Cretensi,
     Duci e consigli della madre Idea,[1]
     1435Ambo cui partoriva Anchiale Ninfa
     Nello speco Ditteo, con ambe mani
     Per l’acerbo dolor forte aggrappandosi
     All’Oásside terra. Assai, libando
     Su l’ostie ardenti, supplicò Giasone[2]
     1440Che via volgan da lui turbi e procelle;
     E al comando d’Orfeo l’armato ballo
     I giovani saltavano, battendo
     Su gli scudi le spade a fin che sperso
     Vada all’aer de’ lamenti il suono infausto,
     1445Che su l’estinto re metteano ancora
     Di Cizico le genti; e d’indi in poi
     Con cembali e timballi i Frigi sempre
     Fanno a Rea lor preghiere. Ed or la Diva

  1. Var. al v. 1434. Fidi Ministri della Diva al fianco,
  2. Var. ai v. 1438-1439. All’Oásside suolo. In su le ardenti

    Ostie libando, assai pregò Giasone