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libro i. | 43 |
Pelia ciò permettente, e più non bramo,
Sol che me dagl’imposti ardui cimenti
Scampino i numi. E s’è destin che a greca
1155Terra più da sì lunge io non ritorni,
E che a luce tu metta un maschio figlio.
Mandalo a Solco, appena adulto ei sia,
Conforto al padre mio di me dolente,
E alla madre, se vivi ancor trovarli
1160Potrà, sì ch’essi, a Pelia re d’ascoso,
Lo nutrano in lor case, il tengan caro.1
Detto ciò, salse innanzi a tutti in nave;
Gli altri appo lui. Tutti al lor loco assisi
Diero ai remi di piglio. Argo le amarre
1165Sciolse dal masso in mar sorgente, e quindi
Tutti l’onda tagliâr co’ lunghi abeti
Validamente. Al tramontar del giorno
Per consiglio d’Orfèo l’isola han tocco
Dell’Atlantide Elettra, a fin che quivi
1170Inizïati di que’ blandi riti
A’ misterii ineffabili, per essi
Più l’arduo navigar venga securo.
Ma di ciò più non parlo, e Salve, io dico
A quell’isola insieme ed a’ suoi numi
1175Indigeni che onore hanno di sacre
Orgie, onde a noi non è il cantar concesso.
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Var. ai v. 1157-1161. Mandalo adulto alla Pelasga Solco,
In lor case nudrito il tengan caro.
Al dolente per me padre conforto,
E alla madre, se vivi ancor gli avvenga
Ritrovarli, sì ch’essi, al re d’ascoso.