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42 argonautica.

     1125Volan ronzando a’ vaghi gigli, e il molle
     Prato s’allegra; e qua e là suggendo
     Ne van quelle de’ fiori il dolce umore:
     Tal pressavansi intorno a que’ lor cari
     Querelando le donne: e ognuna ognuno
     1130Con le man salutava e con le voci,
     E pregavan gli dei che fausto e salvo
     Lor concedan ritorno. E sì dicea
     Issipile che strette nelle sue
     Di Giasone ha le mani, e duolsi e piange:
1135Va, parti, e te co’ tuoi compagni illeso
     Riconducan gli dei, dell’auree lane
     Portatore al tuo re, com’è tua voglia,
     Come t’è caro. E se di là qui ancora
     Tornar vorrai, quest’isola e lo scettro
     1140Del padre mio t’attende; e qua potresti
     Anco assai genti di leggier raccôrre1
     D’altre città. Ma tal di brama ardore
     Tu non l’avrai: ciò presagisco io stessa
     Che non sarà. Ma ovunque sii, deh! serba
     1145D’Issipile memoria, e a me deh! lascia2
     Un tuo qualche voler, ch’io poi fedele
     Compia, se un figlio a me daranno i numi.
E commosso Giason le rispondea:
     Issipile, deh tutto a fausto fine
     1150Giunger faccian gli dei! Ma tu ben pensa
     Ch’io d’abitar la patria mia son pago,

  1. Var. al v. 1141. Di leggier molte genti anco raccôrre
  2. Var. al v. 1145. D’Issipile memoria, ed or mi lascia