1125Volan ronzando a’ vaghi gigli, e il molle
Prato s’allegra; e qua e là suggendo
Ne van quelle de’ fiori il dolce umore:
Tal pressavansi intorno a que’ lor cari
Querelando le donne: e ognuna ognuno 1130Con le man salutava e con le voci,
E pregavan gli dei che fausto e salvo
Lor concedan ritorno. E sì dicea
Issipile che strette nelle sue
Di Giasone ha le mani, e duolsi e piange: 1135Va, parti, e te co’ tuoi compagni illeso
Riconducan gli dei, dell’auree lane
Portatore al tuo re, com’è tua voglia,
Come t’è caro. E se di là qui ancora
Tornar vorrai, quest’isola e lo scettro 1140Del padre mio t’attende; e qua potresti
Anco assai genti di leggier raccôrre1
D’altre città. Ma tal di brama ardore
Tu non l’avrai: ciò presagisco io stessa
Che non sarà. Ma ovunque sii, deh! serba 1145D’Issipile memoria, e a me deh! lascia2
Un tuo qualche voler, ch’io poi fedele
Compia, se un figlio a me daranno i numi.
E commosso Giason le rispondea:
Issipile, deh tutto a fausto fine 1150Giunger faccian gli dei! Ma tu ben pensa
Ch’io d’abitar la patria mia son pago,
↑Var. al v. 1141. Di leggier molte genti anco raccôrre
↑Var. al v. 1145. D’Issipile memoria, ed or mi lascia