L’inclito di Giunon figlio, e la stessa
Dea Ciprigna con inni e sacrificii
Venian propizïando. Indugio intanto
Di giorno in giorno al navigar si fea, 1100E a lungo ancor lo producean, se ad essi
Dalle donne appartati in questi accenti
Non arringava acerbamente Alcide:
Miseri, e che? Dal patrio suolo in bando
Forse colpa ne tien di cittadino 1105Sangue versato? o delle donne nostre
Schivi qua veleggiammo bisognosi
Di connubii stranieri? e qua ne piace
Metter soggiorno, e gli ubertosi campi
Arar di Lenno? In bella fama al certo 1110Non verrem noi, con peregrine donne
Stando qui a lungo accovacciati, e nume
Non v’è alcun, che rapir quell’aureo vello
Voglia, e donarlo a’ prieghi nostri. Or via,
Torniam ciascuno alle sue case, e lui 1115Star lasciate d’Issipile nel letto
Fin che di maschia razza abbia ancor Lenno
Rimpopolata, e gran fama glien’ venga.
Così lo stuolo egli garrì. Nessuno
Osò gli occhi da terra alzargli in faccia, 1120Nè rispondergli verbo. In fretta tutti
Sorsero dal convegno, e alla partenza
S’apprestâr; ciò le donne inteso appena,
Loro accorrono in folla, a par dell’api
Che fuor sbucate da una cava pietra,