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libro i. 33

     Mettano mente: or la ventura innanzi
     880Vi si dà, se le case e i vostri averi
     A queste genti, e di cotesta illustre
     Città la cura accomandar vorrete.
Tacque, e di plauso in tutta l’adunanza
     Si diffuse un fragor; chè la proposta
     885Piacque a tutte. Di nuovo allor levossi
     Issipile, e ripiglia: Or ben, se a tutte
     Attalenta il consiglio, a quella nave
     Un’ambasciata incontanente io mando.
     E ad Ifinoe che presso a lei sedea:
     890Sorgi, Ifinoe (le disse), ed a quell’uomo
     Vanne, che capo è dello stuolo, e a noi
     Di’ che venga per ch’io del popol nostro
     Cosa gli esponga, che gli fia gradita;
     E gli altri ancor nella contrada e dentro
     895Alla città venir fidatamente,
     Se il voglion pur, siccome amici, esorta.
Sciolse, ciò detto, l’adunanza, e mosse
     Ritornando a sue stanze. Ifinoe giunse
     A’ Minii, e questi a domandarle tosto1
     900Per qual uopo venisse; ed ella tosto
     Satisfece all’inchiesta in tali accenti:
     Me di Toante or qui la figlia invia,
     Issipile, a chiamar chi del naviglio
     È capitan, perchè del popol nostro
     905Cosa gli esponga, che gli fia gradita;
     E gli altri ancor nella contrada e dentro

  1. Var. al v. 899. A’ Minii, e questi immantinente a chiederle
Bellotti. 3