Qui d’Etàlide far molte parole?
Basta ch’ei seppe Issipile co’ detti
Sì addolcir, ch’ivi a proda a lor concesse 825Quella notte restar; ma scioglier poi,
Per ria bufera aquilonar, le funi
Pur non potero alla vegnente aurora.
Le Lennie donne, alla città tornando,
In parlamento s’adunâr, siccome 830Lor fe’ Issipile invito; e poi che tutte
Fûr congregate, essa così le incita:
Oh amiche, or via! Graditi doni a queste
Genti mandiam quai si convengon loro
Seco in nave recar, vivande e vino, 835Perchè fuor delle mura abbiano tutti
A rimaner, nè per bisogno a’ nostri
Tetti venendo, abbian di noi, di nostro
Stato contezza, e mala voce intorno
Ne vada poi; chè fatto abbiam gran fatto, 840E giocondo per certo a lor non fia,
Se ciò sapranno. Il mio consiglio è questo;
Ma se tra voi v’ha chi un miglior ne tenga,
Sorga: qui v’ebbi a questo fin raccolte.
Ella sì disse, e s’assettò nel seggio 845Marmoreo del padre. Allor Polisso,
La sua cara nudrice, su levossi,
Che su i rugosi piè per la vecchiezza
Tentennante, a un baston tiensi appoggiata,
Ma gran voglia ha di dire; e alla canuta1