Fa da mane a meriggio; e a tese vele 765Tutto quel giorno se ne gìan col vento
Che forte in poppa ognor soffiò; ma insieme
Cessò co’ rai del Sole, onde all’alpestre
Sintìade Lenno indi approdâr vogando.
Quivi, un anno era corso, a crudel morte 770Dal furor delle donne ogni uom fu tratto.
Per le giovani mogli avean concetto
Odio i mariti, e ne aborrian gli amplessi,
Dacchè insano li prese amor di schiave,
Ch’ei dalla Tracia, che di contro è posta, 775Traean predando; e ciò lo sdegno acerbo
Di Venere facea, chè da gran tempo
Lei di Lenno le donne avean negletta
D’onoranza e di doni. Oh sciagurate,
D’insaziabil gelosìa furenti! 780Non sol ne’ letti trucidâr con quella
I lor proprii mariti: uccisa han tutta
La progenie virile, a fin che nullo
Ultor poi fosse della strage orrenda.
Sola fra tutte Issipile pietade 785Sentì del vecchio genitor Toante,
Ch’era de’ Lennii re. Chiuso entro un’arca
Diello al mare a portar, se scampo forse
Trovar potesse; e pescatori in salvo
Trasserlo poi nell’isola ch’Enóe 790Detta fu prima, e Sìcino di poi
Da Sìcino, ch’Enóe Najade Ninfa
Partoriva a Toante, a cui nel letto