E la tomba di Dòlope. Su l’ora
Quivi del vespro dalla forza spinti
Fûr di contrario vento; ed a placarlo1
Nel bujo della notte agne scannate 745Arsero. Gonfio il mar fremea: due giorni
Stettero inerti in quella riva: il terzo
Spiegâr di nuovo alto le vele, e spinsero
Nel mar la nave, e quella riva ancora
D’Argo le Afete usan nomar le genti.23 750Pria passar oltre a Melibea; col raggio
Poi del mattin vider dappresso al lido
Omole, e via quinci scorrendo, un lungo
Non fêr cammino a tragittar del fiume
Amiro le correnti. Indi veduto 755Hanno Eurímene, e d’Ossa indi e d’Olimpo
Le acquose valli; e le Pallenie balze
Che fan col capo Canastréo confine,
Spinti dal vento oltrepassâr di notte;
E al nuovo dì surse al lor guardo il monte 760Ato di Tracia, che protende l’ombra
Dell’eccelsa sua cima infino a Lenno,
Ed a Mirina, che lontana è tanto
Quanto viaggio un ben vogante legno
↑Non al morto Dolope, con lo Scoliaste, col Flangini e seguaci, ma bensì al contrario vento è da intendere che i Minii ora sacrificassero. Vedi Erodoto, lib. VII, 191, e la nota 465 del Mustoxidi a quel luogo.
↑Var. al v. 749. Afete d’Argo usan nomar le genti.
↑Qui si omette la versione del verso 593, giudicato intruso dal Beck e dal Wellauer.