Il remeggio incitò. D’alto clamore
Rimbombò il Pegaséo porto e la stessa
Presta a salpar Pelìaca nave un grido 660Mandò, poi che Minerva inserto avea
Del fondo in mezzo una divina trave
Di quercia dodonèa. Ciascun ne’ banchi
Prese il posto che dianzi avea sortito,
E tutti con le proprie armi dappresso 665S’assettâro in bell’ordine. Nel mezzo
Ancèo sedette, e d’Ercole la grande
Persona: presso egli ha la clava, e sotto
A’ suoi piè la carena ponderosa
Più s’affondava. E già tiran le amarre 670Entro il legno, e su ’l mar fan libamento
Di pretto vino. Lagrimosi gli occhi
Togliea Giasone dalla patria terra;
E siccome i garzoni a Febo in Delfo
O in Ortigia, o d’Ismeno in su le sponde 675Cori intrecciando, intorno all’ara insieme
Co’ presti piè batton la terra al suono
Della cetra in cadenza; i remiganti
Batton così concordemente al suono
Della cetra d’Orfeo l’acque del mare, 680E le spezzan co’ remi; e d’ambo i lati
Levan alto la spuma i salsi flutti,
A que’ validi colpi cupamente
Mormoreggiando. Incontro a’ rai del Sole
Scintillavano l’arme a par di fiamme 685Nell’andar della nave, e il mar di retro