Rapido alzarsi; e incontanente e senza
Timor la mente appalesò di Apollo:
A voi destino e volontà de’ numi 550È il Vello a Grecia riportar, ma in mezzo
Tra l’andarne e il tornar perigli e stenti
Havvi infiniti. E a me d’avverso fato
Forza è lungi morir dal patrio tetto
Là in terra d’Asia. Io già sapea mia sorte,1 555Da mali augurii instrutto, e sì pur volli
Uscir dal natìo loco e far con voi
Questo passaggio, a fin che per me resti
Orrevol nominanza alle mie case.2
Tanto ei disse; e all’udir del lor ritorno 560Il divin vaticinio, i pro’ garzoni
Ben si allegrâr, ma della sorte avversa
D’Idmon lor dolse. Allor che poi del giorno
Il medio punto ebbe varcato il Sole,
E nel suo declinar verso l’Occaso 565Copriansi d’ombra a piè de’ monti i campi,
Tutti lì su l’arene un alto letto
Si composer di frondi in faccia al mare,
E in ordine adagiârsi. In copia i cibi
Erano quivi, e lieto vino attinto 570Da’ coppier nelle brocche; e l’un con l’altro
Diêrsi a vicenda a favolar, siccome
È de’ giovani a desco e fra le tazze
Piacevole costume, ove una rea
↑Var. al v. 554. Là in terra d’Asia. Io presapea mia sorte,