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libro i. 19

     Vi portan dentro, e vittovaglia ad uopo.
Poi che ogni cosa ebbero acconcia, i banchi1
     Pria partironsi a sorte, ad ogni banco
     Due sedenti; e il di mezzo hanno ad Alcide
     495Destinato; e ad Ancéo che di Tegéa
     La cittade abitava. A lor due soli
     Di concorde voler, non con le sorti,
     Diêr distinto dagli altri il loco in mezzo;
     E tutti poi del buon naviglio a Tifi
     500Voller dato il governo. Indi raccolto
     Un cumulo di pietre, in su quel lido
     Ne fecero un altar sacro ad Apollo
     Litoral detto e Imbarcator; poi rami
     Vi steser sopra di risecco olivo.
     505Di Giasone i bifolchi aveano intanto
     Là condotti due buoi, cui presso all’ara
     Tosto i giovani han tratto, e la lustrale
     Acqua e le moli altri apprestâr. Giasone
     Fe’ questo priego al patrio nume Apollo:
510M’ascolta, o re, che in Pégase soggiorni,
     Ed in quella città che dal mio padre
     Tragge nome d’Esonia, e a me che in Delfo
     Ti consultava, hai d’insegnar promesso
     Del gran viaggio il cammin destro e il fine;
     515Tu che sei del cimento il motor primo,
     Or tu stesso colà co’ miei compagni
     Guida la nave a salvo porto, e salvi

  1. Si è omessa la traduzione de’ versi 378-379 per ciò che ne dice il Matthiae nelle Observat. crit., pag. 26.