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libro i. | 7 |
160Alle fratte di Lampia e sul lagume
Si pascea d’Erimanto; ond’egli appena
Messo ha il piè di Micene in su la prima
Piazza, la belva di legami avvinta
Scaricò giù dalle gran spalle, e celere,
165Di suo voler, non d’Euristeo, là corse,
Col giovin Ila suo fido compagno,
Che a lui faretra custodiva ed arco.
E di Danao divino il germe illustre
Nauplio anch’ei ne venìa, Nauplio che nacque
170Di Clitoneo di Naubolo figliuolo,
E Naubolo di Lerno, a cui fu padre
Preto che figlio è d’altro Nauplio, a cui
La Danáide Amimóne un dì diè vita,
Poi che a Nettun si fu congiunta; ed egli
175Tutti avanzava nella nautic’arte.
Di quanti Argivi eran venuti, Idmone
Ultimo giunse. Ei di morir per via
Ben sapea dagli augurii, e sì pur venne,
Perchè il popolo a lui biasmo non dèsse
180D’una gloria negletta. Ei non d’Abante
Figlio era in ver, ma il generò (se bene
Fra gli Eôlidi ascritto) il Latonide;
E Apollo ei stesso il divinar gli apprese,
E avvisar degli augelli e delle ardenti
185Vittime sovra l’are i varii segni.1
E l’Etólide Leda il poderoso
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Var. ai v. 184-185. L’avvisar degli augelli, e su gli altari
Delle vittime ardenti i varii segni.