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libro i. 5

     105Ne’ deserti di Libia, avesser morte.
     Tanto è ver che dall’uom non mai remota
     La sventura è così, che no ’l raggiunga;
     Quando in Libia que’ due giacquer sepolti
     Si da’ Colchi lontan, come del Sole
     110Lungi l’Orto a vedersi è dall’Occaso.
Clizio ed Ifito poi vengon, signori
     D’Ecalia e figli d’Eùrito feroce;
     D’Eúrito, a cui donato ha l’arco Apollo,
     Nè gli giovò, dacchè pur oso egli era
     115Al nume donatore intender lite.
Quindi d’Eaco venieno ambo i due figli,
     Non però insieme, e non da un loco istesso;
     Chè da Egìna esulando eran partiti
     Divisamente, allor che a morte rea
     120Dieder Foco, il fratello. Telamone
     Un’isola s’avea nell’attich’acque1
     Fatta sua stanza; ed a soggiorno in Ftia
     Posto s’era Peléo da lui disgiunto.
Dal suol Cecropio il bellicoso mosse
     125Bute del prode Teleonte figlio,
     E d’asta esperto vibrator Falero.
     Mandollo Alcone, il padre suo. Non altri
     Figli avea, che di sè, di sua vecchiezza
     Pigliasser cura; e nondimen quel nato
     130A lui d’anni già grave unico figlio
     Quivi il mandò, perchè splendesse in mezzo
     A que’ nobili eroi. Teseo che a tutti

  1. Var. al v. 121. Un’isola s’avea presso d’Atene