Che prode è sì, ma non miglior del padre;
Di Céneo che i poeti, ancor vivente,
Cantano a morte da’ Centauri addotto,
Quando ei solo dagli altri combattendo 80Cacciolli a fuga. Impetuosi addietro
Si volser quelli; ma fugar, nè fiedere
No ’l potero: inconcusso, invulnerato
Entro terra sfondò, scampando al nembo,
Che gli avventâr, di poderosi abeti. 85Seguìa poi Mopso Titaresio, a cui
Più che ad altri insegnò lo stesso Apollo
Divinar per auspicii. E con lui viene
Euridamante, di Ctimeno il figlio,
Che in Ctimena, de’ Dólopi Cittade, 90Facea soggiorno al Xinio lago in riva.
Fuor d’Opunte spingeva Attore il suo
Proprio figlio Menezio a congregarsi
Con quell’oste di prodi. Euritïone
Siegue, e il forte Eribóte; a Teleonte 95Figlio Eribóte; Euritïone ad Iro,
D’Attore prole; e vien con essi in terzo
Oïléo, che di forza agli altri è sopra,
Destro i nimici ad incalzar da tergo,
Poi che in fuga gli ha vòlti. Invia Caneto, 100Figliuol d’Abante, dall’Euboica terra
Canto, assai dell’andar desideroso,
Ma che tornarne alla natia Cerinto
Non dovea più, però che fato egli era
Ch’esso e il dotto indovin Mopso, sbandati