2185Oprar d’inopinato ella s’appresta.
Ella una falda del purpureo peplo
Stendendosi su l’una e l’altra gota,
Salì su ’l palco, e per la man Giasone
Pigliandola, guidolla in fra li banchi. 2190Là con magiche voci ella invocando
E molcendo le Parche, avide e preste
Cagne d’Averno, delle umane vite,
Divoratrici, e volteggianti in aere
A dar caccia a’ viventi, umilemente 2195Tre volte inchina le chiamò, tre volte
Le supplicò; poi con nocivo intento
E sguardi infesti affascinò le luci
Del bronzeo Talo, e tutta in ira accesa
Gli soffiò contro un pestilente fiato 2200Di fiera rabbia, e gli schierò dinanzi
D’atre orribili larve una caterva. —
Giove padre, stupor grave e paura
M’agita il cor, se non da morbi solo,
Se non sol da ferite a noi vien morte, 2205Ma da lunge pur anco altri la vita
Toglier ne può. Così colui che bronzo
Era pur tutto, alla letal potenza
Della maga Medea domo soggiacque;
Chè schiantando una roccia a tener lungi 2210Il naviglio dal porto, a un scabro masso
Il malleolo percosse, e tosto un sangue
Ne scorse fuori a liquefatto piombo
Rassimigliante, e non potè lung’ora