E agl’indigeni dei porgasi in dono
Per un fausto ritorno. A quel consiglio 2045Scesero a terra, e del presente sacro
Fêr solenne profferta. Incontro a loro
Simigliante a garzon mosse il possente
Tritone, e dal terren tolta una gleba,
Ospital dono a lor la porse, e disse: 2050Questa, amici, prendete. Io prezïosa
Cosa non ho che ad ospiti dar possa;
Ma se le vie che portan quinci al mare
Anelate trovar, come sovente
Braman gli erranti in peregrini luoghi, 2055Io mostrerolle; chè mi fe’ perito
Di questo mare il padre mio Nettuno,
Ed hovvi impero; e ancor di qua lontani
Voi d’Euripilo il nome udiste forse,
Nato in Libia, di fiera altrice terra. 2060Ei sì disse, e alla zolla alacremente
Stese Eufemo le mani, e a lui rispose:
L’Attica e il mar che da Minosse ha nome1
(Se conoscenza, o eroe, tu n’hai), l’insegna
A noi, che te n’ chiediam, veracemente. 2065Qua di nostro voler non siam venuti,
Ma da fiere procelle ai lidi estremi
Di questa terra spinti, abbiam la nave
Per terrestre cammino a gran fatica
Fin qua portata, a questo lago; e ignari 2070Siam d’onde uscir per all’Achea contrada.
↑Var. al v. 2062. L’Apia, ed il mar che da Minosse ha nome,