Nè cercaronla invano. Al sacro campo
Vennero a caso in regïon d’Atlante,
Ove il Ladon terrigeno dragone
Pur dianzi custodìa le poma d’oro, 1845E l’Esperidi Ninfe intorno a quelle
Dolcemente cantavano. Ma ucciso
Poc’anzi il serpe dalla man d’Alcide
Giacea sotto quel melo. Ancor guizzava
La coda estrema; erane il capo e il tronco 1850Tutto privo di vita; e tal nel sangue
Gli han dell’idra Lernèa veleno infuso
L’Erculee frecce, che perian le mosche
Su le putride piaghe. Ivi le candide
Mani calcando su le bionde teste 1855Alto gemean l’Esperidi. Vêr quelle
Tutti corsero i Minii, e quelle a un tratto
Si mutâr quivi stesso in terra e polve.
Ma il portento divino Orfeo veggendo,
Mosse lor questo priego: Oh voi, leggiadre 1860E benevole dive, alme signore,
Deh pietose sostate, o che celesti
Dee voi siate, o terrestri, o nome abbiate
Di Ninfe di deserti abitatrici,
Oh Ninfe, oh d’Oceán progenie santa, 1865Appariteci innanzi, e ne mostrate
Qualche zampillo di petrosa fonte,
O qualche polla che da terra sorga
Di sacra linfa, a cui possiamo alfine
L’ardente sete estinguere. Se mai