Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/283


libro iv. 257

     A’ sofferti travagli, e alla divina
     1755Poi farete ritorno Acaica terra.
Dissero, e in un con la parola estrema
     Sparvero a un tratto. Intorno il guardo volse
     Giason; sedette insù la terra, e disse:
     Deh propizie ne siate, o venerande
     1760Romite dee! Ma su ’l ritorno il senso
     Dell’oracolo vostro io non comprendo.
     Bensì, raccolti i miei compagni, ad essi
     Il ridirò, se trar se n’ possa un qualche
     Lume. De’ molti è più veggente il senno.
1765Detto ciò rilevossi, e tutto ancora
     Brutto di polve un lungo grido inalza
     I compagni a chiamar, come leone
     Che la compagna sua per la foresta
     Cercando rugge, e a quel ruggito i boschi
     1770Tremano da lontan su la montagna
     E i buoi ne’ campi, ed i bifolchi orrore
     N’hanno, e terror; ma non a’ Minii orrenda
     La voce risonò del lor compagno
     Che a sè li chiama. Intorno a lui raccolti
     1775Si fur tosto con fronte al suol dimessa;
     Ed ei presso alla nave essi e le donne
     Seder fe’ insieme, e così tutto espose:
M’udite, amici. A me che in duolo assorto
     Stava, tre dee che di caprine pelli
     1780Erano avvolte dal sommo del collo
     Giù per lo dorso, e se n’coprìan pur l’anche,
     Di donzelle in sembianza a me sospese

Bellotti. 17