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254 argonautica.

     Dovrem gittati in su quest’erme arene,
     Se da terra a soffiar prendono i venti,
     Poi che lunge inviando il guardo intorno,
     1670Veggo di mare un limaccioso fondo
     In tutte parti, e l’onda ripercossa
     Corre e si frange su le bianche sabbie.
     Anco rotta e spezzata in trista guisa
     Dalla terra lontan già questa sacra
     1675Nostra nave sarìa, se non che il flusso
     Il mar gonfiando, sollevolla in alto,
     E in terra la portò; ma retrocessa
     Or la marea, qua su ’l terren sol d’acqua
     Tanto riman che a navigar non basta.
     1680Però tutta speranza e di rimbarco
     E di partenza esser precisa io dico.
     Altri, se v’ha, qui sua perizia mostri,
     E se brama partir, segga pur egli
     Della nave al governo. Ah non vuol Giove
     1685Con felice ritorno, ah no, non vuole
     Dar compimento alle fatiche nostre!
Sì plorando diceva, e fêan tenore
     Dell’afflitto al parlar quanti eran quivi
     Di nautic’arte esperti, e a tutti il cuore
     1690Di duol si strinse, e su le guancie a tutti
     Si diffuse il pallore. E qual, simili
     Ad inanimi spettri, i cittadini
     Volvonsi per le vie se guerra o lue
     Attendono funesta, o grandinoso
     1695Nembo tutti de’ buoi sommerge e strugge