Diè lor doni ospitali, e molti Arete, 1610E questa anche a Medea seguaci aggiunse
Dodici di Feacia elette ancelle
Del suo palagio. Drèpani lasciata
Hanno il settimo giorno; e lor da Giove
Un puro vento d’Orïente venne, 1615Dal cui soffio sospinti assai di via
Corsero, sì; ma non ancor dal fato
Era attinger l’Acaja a lor concesso,
Se travagli a patir non venian prima
Su le coste di Libia. E già quel golfo 1620Che d’Ambracia si noma, avean trascorso;
De’ Cureti le spiaggie a tese vele
Oltre avean già passate, e i varchi angusti
Delle Echinadi anch’essi; e lor la terra
Di Pelope apparìa, quando di Borea 1625Fiera bufera li rapì nel mezzo
Del Libistico mare, e nove notti
Quivi aggirolli, ed altrettanti giorni,
Fin che spinti poi fûro entro la Sirte,
D’onde ai legni tornar più non è dato, 1630Poi che in essa fûr presi. Ampie lagune
Vi son per tutto, ed alta un’alga e densa
Ricopre il suol, su cui con rumor sordo,
L’onda spumeggia. Una distesa immensa
V’ha di sabbia all’intorno, e là non muove 1635Nullo animante, e non aleggia augello.
La marea che dal lido ad ora ad ora
Retrocede, e di nuovo indi su ’l lido