1495Ove un tempo albergò Macri, la figlia
Di quel saggio Aristéo che primo seppe
Il lavoro dell’api, e gemer fece
Il pingue umor della compressa oliva:
E fu Macri colei che primamente 1500Nell’Abantide Eubea di Giove il figlio
Bacco accolse al suo petto, e l’arso labbro
Di miele gli spalmò poi che dal foco
Mercurio il trasse, e il diede a lei. La vide
Giuno, ed irata la cacciò di tutta 1505L’isola in bando. Ella per lunga via
Nel sacro de’ Feaci antro ne venne
A far soggiorno, e a quelle genti immensa
Largì dovizia. Or quivi i Minii un grande
Letto stesero, e sovra il rifulgente 1510Aureo Vello spiegâr per far più adorne
Quelle nozze e onorate; e fiori anch’esse
Varii e leggiadri vi recâr le Ninfe
Entro a’ candidi seni: a par di fiamma
Vivo chiaror le irraggiò tutte: un tanto 1515Dall’auree lane si spargea fulgore,
Che lor negli occhi una cupida voglia
Di toccarle accendea; ma le contenne
Religïon dal poner man su quelle,
Desïose pur molto. Altre son figlie 1520Del fiume Egeo; del Meliteo sui gioghi
Abitan altre; altre di campi e boschi
Eran cultrici, e convenir là tutte
Le fe’ Giunon che di Giasone ha cura;