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libro iv. 245

     Di lacrime così Medea stillanti
     1410Avea le gote, e da punture acute
     Trafitto in sen le sobbalzava il cuore.
Della città nel regal tetto intanto
     Alcìnoo re con l’onoranda sua
     Sposa Arete nel talamo posanti
     1415Lungo la notte avean fra lor consulta
     Su la giovin di Coleo; e la consorte
     S’accostò con parole accarezzanti
     Al diletto marito: Oh sì, mio caro,
     Salvami, sì, quest’affannata giovine
     1420Da’ Colchi, e a’ Minii opra pur fa gradita.
     Argo è vicina a questa isola nostra;
     Son gli Emonii vicini; a noi d’Eeta
     Non è presso la stanza; Eeta noi
     No ’l conosciam, ma sol nomarlo udimmo.
     1425Questa giovine poi, che tante angosce
     Soffre, il cuor mi spezzò co’ prieghi suoi;
     Deh no, signor, deh non la dare a’ Colchi
     Da ricondurla al padre suo! Mal fece
     Quando da pria l’ammansator de’ tori
     1430Farmaco diede a quel garzone, e poi
     (Come spesso facciam) fallo con fallo
     Medicando, scampava all’ira atroce
     Del fiero genitor; ma da solenni
     Giuramenti Giason, siccome intendo,
     1435Stretto s’è di condurla alle sue case
     Legittima consorte. Or tu, mio caro,
     Tu non farlo spergiuro, e per tuo fatto