1265Le contemplava, e dal raggiante cielo
Le mirò Giuno, e con le braccia a Pallade
Tutta si strinse; un tal terror la prese.
Quanto egli è lungo il giorno a primavera,
Tanto hanno quelle travagliato a trarre 1270Da que’ scogli echeggianti il legno in salvo.
Con buon vento indi i Minii oltre correndo,
Giunser della Trinacria innanzi al prato,
Che i buoi pasce del Sole. Ivi, il comando
Della moglie di Giove appien compiuto, 1275Si tuffâr le Nereidi a par di merghi
Giù pel profondo; ed un belar d’agnelle
E un muggir di giovenchi a’ naviganti
Ferì gli orecchi. In rugiadosa landa
Faetusa, del Sol la minor figlia, 1280Guidava l’agne, argentea verga appesa
Al cubito portando, e guardiana
De’ buoi Lampezia in man vibra una mazza
Di lucido oricalco. In campo erboso
Videro gli Argonauti appresso un fiume 1285Pascolar quegli armenti; e un sol non v’era
Bruno corpo fra lor; bianchi eran tutti
A par del latte, e d’auree corna insigni.
Essi nel dì quinci passâr; la notte
Lieti corsero un lungo andar di mare, 1290Finchè dal ciel la mattutina Aurora
Vibrò sua luce a illuminar lor via.
Nel mar Ceraunio al Jonio golfo innanzi
Sta con due porti un’isola ferace;