1210Verso lor si spingea. Misero! a lui
Tosto quelle il ritorno avrebber tolto,1
Ma d’Érice la diva alma Ciprigna
Pietà n’ebbe, e dall’onde in salvo a stanza
Su ’l Lilibèo benignamente il trasse. 1215Di lui dolenti i Minii oltre le ree
Cantatrici passâr, ma gìan del mare
Più naufragosi ad incontrar perigli;
Chè la stagliata rupe erta di Scilla
Di qua sorge, e di là s’ode estuante 1220Senza mai posa rimuggir Cariddi.
Mormoravan di sotto alle grosse onde
Più in là que’ massi erranti, a cui dal sommo
Vertice un tempo ardente fiamma uscìa;
Ed è l’aere di fumo ivi sì oscuro, 1225Che i rai del Sol non ne intravedi. Avea
Fatto tregua ai lavori allor Vulcano,
E tuttavolta il mare un vapor caldo
Esalava. Costà quali da un lato,
Quali dall’altro le Nereidi accorsero, 1230E dietro al legno la divina Teti
Ella stessa la mano all’ala porse
Del governale a ben drizzarne il corso
Tra que’ mobili scogli. E come allora
Che i delfin bonacciosi a galla in frotte 1235Volteggiano dintorno a presta nave,
E or dinanzi, or di retro, or dalle bande
Veggonsi, e gioja a’ marinier ne viene;
↑Var. al v. 1211. Elle tosto il ritorno avrebber tolto,