Le partorì Tersicore leggiadra,
L’una d’in fra le Muse, ad Achelóo
D’amor congiunta; ed esse un dì cantando
In bel conserto a dilettar la figlia 1185Di Cerere prendean, vergine ancora;
E fu d’allor che parte augelli e parte
Apparvero donzelle, e sempre poi
Di lor facile spiaggia alle vedette
Vegliano attente, e a molti e molti il dolce 1190Ritorno ai lidi lor tolser, di tabe
Consumandoli quivi. Ed or nel passo
Degli Argonauti la voce soave
Dirizzarono ad essi, ed essi attratti
N’eran già dalla nave in quelle arene 1195I canapi a gittar, se il Tracio Orfeo,
D’Eágro il figlio, la Bistonia cetra
Tosto in man tolta, in concitato modo
Non facea risuonar forte di corde
E di voce un concento, a fin che ad essi 1200S’intronino gli orecchi; e oppresso il suono
Quindi restò delle femminee voci.
Zefiro intanto e l’echeggiante insieme
Onda da poppa in là spingean la nave,
E un indistinto modular di note 1205Mettean quelle nell’aure. Uno pur v’ebbe
Degli eroi, Bute, il valoroso figlio
Di Teleonte, che rapito al dolce
Cantar delle Sirene, in mar d’un salto
Slanciossi e a nuoto infra i commossi flutti