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232 argonautica.

     Gli ho da cozzanti scogli, ov’arde e freme
     1040Il furor di terribili tempeste,
     E i marosi d’intorno a’ scabri sassi
     Si rompono spumando. Or presso al grande
     Promontorio di Scilla ed all’orrenda
     Eruttante Cariddi è il lor cammino.
     1045Io dall’infanzia tua ti fui nudrice,
     Io medesma, e t’amai su l’altre tutte
     Che hanno stanza nel mar, dacchè non mai
     Consentisti nel letto entrar di Giove
     Che di voglia n’ardea (sempre ha talento
     1050Di cotesti diletti, o le immortali
     Dive abbracciando, o le mortali donne);
     Ma di me riverente e paventosa
     Lo sfuggisti, onde irato ei giurò poi
     Gran giuramento, che giammai consorte
     1055Tu non saresti a un immortale Iddio;
     E ritrosa pur anco ei non cessava
     D’adocchiarti e inseguirti infin che a lui
     Profetò la gran Temi esser destino
     Che tu madre d’un figlio diverresti
     1060Prestante più del proprio padre; ond’egli
     Desïoso quantunque, allor la traccia
     Di te lasciò per lo timor che un altro
     Nume sorgesse ad occupargli il regno,
     Ch’ei serbar volea sempre. Io de’ mortali
     1065L’ottimo allora a te congiunsi in nozze,
     Sì che grato al tuo cor fosse lo sposo,
     E di lui tu figliassi. Al gran convito